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Stati Uniti, debito pubblico e Treasury: è davvero un porto sicuro per gli investitori?

Il tema del debito pubblico americano è tornato prepotentemente sotto i riflettori. Ecco le considerazioni del Prof. Massimiliano Marzo


Gli Stati Uniti, infatti, oggi si trovano a gestire un debito colossale, con interessi che superano perfino la spesa pubblica per l’istruzione o quella militare. Il deficit federale ammonta a circa 2.000 miliardi di dollari, pari al 6% del PIL, e la questione su come possa essere sostenibile una simile montagna di debito resta aperta.


Tra le ipotesi in campo per riequilibrare la situazione c’è la riduzione delle tasse, nella speranza che questa possa rilanciare la crescita e quindi le entrate fiscali. Tuttavia, molti analisti stentano a vedere la logica di questo ragionamento, considerando che una minore pressione fiscale potrebbe aggravare ulteriormente i conti pubblici.


In questo scenario, una domanda sorge spontanea: i Treasury, ovvero i titoli di Stato americani, rappresentano ancora un porto sicuro per gli investitori, soprattutto dopo l’ultimo downgrade di Moody’s?


Il ruolo strategico dei Treasury

Nonostante il taglio del rating, il Treasury rimane centrale nei portafogli di investimento globali. Il principio base di qualsiasi asset allocation, infatti, è la diversificazione: nessuna gestione patrimoniale seria può fare a meno di titoli di Stato americani, proprio per la loro liquidità e la profondità di mercato.


La narrativa catastrofista sulla “morte” del sistema finanziario americano non regge a un’analisi più approfondita. Il Giappone, ad esempio, non ha alcun interesse a mettere in ginocchio gli Stati Uniti, perché sa bene che questo porterebbe la Cina a guadagnare terreno in tempi brevissimi.


Inoltre, va sottolineato un aspetto decisivo: gli Stati Uniti hanno un potenziale di spazio fiscale che nessun altro paese al mondo può vantare. Basterebbe, per fare un esempio, ritoccare l’IVA di un paio di punti percentuali per rafforzare immediatamente la fiducia nei mercati sulla sostenibilità del debito americano. Il problema è più politico che economico, perché di fatto il margine di manovra esiste.


Inflazione e politiche monetarie

Un altro nodo cruciale riguarda l’inflazione. Negli ultimi anni il dibattito si è concentrato molto sulle politiche monetarie espansive e sui rischi di rialzi eccessivi dei prezzi. Ma guardando i dati, l’inflazione americana, oggi al 3-4%, è perfettamente sotto controllo se confrontata con i valori storici del passato, dove in certi periodi si toccavano punte ben superiori al 20%.


Il picco inflattivo del 2022 è stato in buona parte alimentato da fattori psicologici e aspettative di mercato, più che da reali squilibri strutturali. Alcuni studiosi parlano di “inflazione fisiceriana”, cioè legata alle aspettative, che tende a ridimensionarsi una volta che le banche centrali smettono di inseguirla con rialzi troppo aggressivi.


In prospettiva, è più rischiosa la deflazione che non un’inflazione moderata, perché la deflazione deprime i consumi e blocca la crescita.


Treasury e scenari futuri

Il Treasury resta dunque un pilastro della finanza globale, nonostante i continui dibattiti sul debito americano. Anche eventuali cambi di scenario politico, come un ritorno di Trump alla Casa Bianca, non preoccupano eccessivamente i mercati, perché il sistema istituzionale USA prevede un equilibrio di poteri e un controllo democratico robusto.

Inoltre va ricordato che negli Stati Uniti, per legge, il presidente ha facoltà di nominare e rimuovere il presidente della Federal Reserve: una prassi già vista in passato con altri leader, non certo una novità introdotta da Trump.


La lezione per l’Europa

Guardando oltreoceano, l’Europa dovrebbe riflettere su un aspetto: la mancata condivisione di parte del debito sovrano, come ad esempio il debito italiano, ha privato l’eurozona di uno strumento prezioso per creare un asset comune, più robusto e condiviso. In Italia, ad esempio, il BTP ha come garanzia prioritaria l’IVA, che avrebbe potuto sostenere in modo credibile una parte di debito europeo comune.


Questi ragionamenti, spesso ignorati nel dibattito mediatico, mettono in evidenza come la gestione del debito e la politica economica richiedano analisi serie e approfondite, non slogan o riflessi ideologici.


Conclusioni

In sintesi, il Treasury americano rimane un punto di riferimento per la gestione del portafoglio di medio-lungo periodo. Il principio di diversificazione è imprescindibile, e l’economia USA, grazie alla sua capacità fiscale e alla solidità istituzionale, continuerà a rappresentare un’ancora di stabilità per gli investitori globali, anche in scenari di turbolenza.


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