
La stabilità finanziaria degli Stati Uniti fra Debito, inflazione e l’ascesa delle stablecoin
Dazi, pressione sulla Federal Reserve e fuga di capitali: perché la credibilità finanziaria americana sta entrando in una fase delicata.
Negli ultimi mesi la posizione egemonica degli Stati Uniti nella finanza globale ha mostrato segnali di vulnerabilità che fino a pochi anni fa sarebbero sembrati impensabili. Il dollaro resta il pilastro del sistema monetario internazionale, ma quella che per decenni è stata considerata una rendita di posizione “immutabile” sta diventando meno solida.
A spiegare questa fase è Tommaso Monacelli, che sottolinea come la fiducia degli investitori internazionali — l’elemento decisivo che sostiene il ruolo del dollaro — non sia garantita per sempre.
La svalutazione del dollaro come sintomo di sfiducia
Dal gennaio 2025, e in particolare dopo il “Liberation Day” di aprile, quando l’amministrazione Trump ha annunciato i nuovi dazi, il dollaro ha iniziato a deprezzarsi. Non è un fenomeno tecnico: è il segnale che una parte dei capitali globali sta iniziando a uscire dagli asset denominati in dollari.
La ragione principale è politica. La pressione esercitata sull’indipendenza della Federal Reserve, insieme all’incertezza generata dalle scelte fiscali e commerciali, sta incrinando l’immagine degli Stati Uniti come debitore totalmente affidabile.
Debito alto? Non è il problema. Il punto è la fiducia
Monacelli chiarisce un aspetto cruciale: non è il livello del debito pubblico a minare la sostenibilità finanziaria. Il Giappone, con un rapporto debito/PIL superiore a quello americano da decenni, non ha mai affrontato crisi di fiducia.
La vera discriminante è il costo a cui uno Stato riesce a finanziarsi, e quel costo dipende dalla credibilità delle istituzioni. Finché il mondo considera gli Stati Uniti un debitore solido e prevedibile, il debito è sostenibile. Ma se la fiducia vacilla, tutto cambia.
Oggi il rischio è proprio questo: una politica economica percepita come volatile può alterare l’equilibrio che regge l’intero sistema finanziario internazionale.
Le banche di tutto il mondo si prestano denaro usando il Treasury americano come collaterale: se quella certezza si indebolisce, si indebolisce l’architrave del credito globale.
Il ruolo della Cina, dell’Europa e delle nuove valute digitali
Nonostante la fuga di capitali, non esiste ancora un vero sostituto del dollaro. L’euro non dispone della coesione politica necessaria — i 27 stati e l’obbligo dell’unanimità restano un freno strutturale — mentre renminbi e yuan offshore non hanno la diffusione e la credibilità per assumere un ruolo centrale.
Un passo interessante arriva però dall’Europa con l’euro digitale, e un altro dalle stablecoin private, che replicano il valore del dollaro uno a uno. Paradossalmente, però, proprio le stablecoin dimostrano l’insostituibilità (per ora) del dollaro: se crollasse la fiducia nella valuta americana, crollerebbero anche loro.
Siamo in un passaggio di fase
L’egemonia finanziaria americana non è sul punto di finire, ma sta entrando nella prima fase di un possibile riequilibrio. Un’Europa più coordinata o una Cina sempre più assertiva potrebbero guadagnare spazio. Tuttavia, senza istituzioni altrettanto solide, la transizione sarà lenta e incerta.
Oggi siamo in una “zona grigia”: un sistema ancora basato sul dollaro, ma con crepe che non possono essere ignorate.
Guarda l'intervista completa su FinanceTV o ascolta
il Podcast FinanceTV Talks - Le Voci dell'Economia
Informati anche sugli altri argomenti






