
Azioni ad Alto Dividendo: Quando il Rendimento è un Problema, non un'Opportunità
Investire in titoli ad alto dividendo può sembrare una scelta prudente, ma cosa succede quando il prezzo delle azioni crolla mentre il dividendo resta stabile? Il caso Pfizer ci insegna che, in finanza, il contesto è tutto.
Il paradosso del dividendo elevato
Bisogna mantenere un’azione storica con un alto dividendo, nonostante il crollo del prezzo e le prospettive negative?
Il dilemma è più comune di quanto si pensi. Un rendimento elevato può sembrare allettante, ma spesso è il risultato di un calo significativo del prezzo dell’azione, e non sempre è un segnale positivo. È una situazione simile a quella di un’obbligazione ad alto coupon: venderla e incassare il guadagno in conto capitale, o mantenerla per godere del flusso cedolare?
Il caso Pfizer: dividendo generoso, performance deludente
Prendiamo Pfizer (PFE) come esempio. Un tempo colosso farmaceutico, oggi il titolo è diventato un peso nel portafoglio di molti investitori. Dopo il boom del 2021 legato al vaccino Covid, il titolo ha perso circa l’80% del valore guadagnato, segnando una performance totale negativa del 22% negli ultimi cinque anni.
Nel frattempo, concorrenti come Eli Lilly, trainati dal successo di farmaci per il dimagrimento come Ozempic e Mounjaro, hanno realizzato una performance stellare: +421% in cinque anni.
Un dividendo da junk bond... ma da blue chip
Al momento, Pfizer offre un dividendo del 7,5%, tra i più alti dell’S&P 500. Un rendimento paragonabile a quello di un’obbligazione ad alto rischio, anche se la società rimane profittevole e con solidità creditizia. Ma il dividendo è davvero sostenibile?
Dal 2020 Pfizer ha aumentato il dividendo di solo 1 centesimo per azione all’anno. Il tasso di crescita annuo è del 2,5%. In confronto, Eli Lilly cresce i dividendi del 15% l’anno. Il potenziale di crescita futura è limitato, e il mercato valuta Pfizer a sole 7 volte gli utili, segno di scarsa fiducia.
Il “rendimento effettivo” dipende dal prezzo di acquisto
Attenzione: il rendimento di un dividendo non è uguale per tutti. Dipende dal prezzo medio di acquisto. Se si ha comprato la maggior parte delle azioni Pfizer negli anni 2010, il suo rendimento sul costo (yield on cost) è probabilmente del 4-5%.
Cosa fare con un'azione “zombie” a dividendo alto?
Dipende.
Se il rendimento effettivo è modesto (es. 4%), e le prospettive aziendali sono negative, ha senso vendere gradualmente, sfruttare eventuali rimbalzi, realizzare eventuali perdite fiscali, e reinvestire in titoli con dividendi più sostenibili e in crescita.
Se invece il dividendo ricevuto rappresenta una rendita significativa, frutto di un investimento storico e molto vantaggioso, allora la vendita potrebbe essere più dannosa che utile, soprattutto per chi cerca rendite passive elevate.
Dividendi: un'arma a doppio taglio
I dividendi sono una forma di reddito straordinaria, soprattutto nel lungo termine. Investitori storici in titoli come Microsoft oggi godono di rendimenti sul costo anche del 200%, a testimonianza che comprare, mantenere e incassare (buy, hold, collect & grow) è una strategia vincente… quando il business cresce.
Ma quando il grafico dell’azione scende da sinistra verso destra – come nel caso Pfizer – bisogna valutare con attenzione quanto si è pagato, quanto si incassa e se ci sono alternative migliori.
Conclusione: Il rendimento elevato non basta
Un dividendo del 7,5% può sembrare un affare, ma non lo è sempre. Se il titolo è in declino e il dividendo cresce lentamente, la vera domanda è: “Vale ancora la pena tenerlo?”.
Per chi ha un alto yield on cost, la risposta potrebbe essere sì. Ma per gli altri, potrebbe essere il momento di passare oltre e costruire una rendita più sostenibile altrove.
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