
Dall’economia della conoscenza all’economia dell’ignoranza: la sfida culturale del nostro tempo
Viviamo davvero in un’epoca di conoscenza diffusa? O la sovrabbondanza di informazione ha aperto le porte a una nuova forma di oscurantismo culturale?
Secondo il futurista Thomas Bialas, autore del saggio The Now Knowledge Economy, stiamo vivendo una transizione silenziosa ma profonda: dalla “knowledge economy” alla “unknowledge economy”, ovvero da un sistema che premia il sapere a un ecosistema dominato da disinformazione, superficialità e caos cognitivo.
L’illusione della conoscenza digitale
A partire dagli anni 2000, l’avvento di internet è stato accolto come il motore di una rivoluzione democratica del sapere. In realtà, ci spiega Bialas, la conoscenza non è mai stata così frammentata e fragile. Il sovraccarico informativo, le fake news, la polarizzazione sui social media e la crisi del giornalismo investigativo hanno portato alla perdita della fiducia nelle fonti autorevoli, rendendo tutti – esperti e non – vulnerabili alla manipolazione.
“Abbiamo accesso a tutto, ma scegliamo il nulla”, afferma provocatoriamente Bialas.
Economia e imprese nel regno del “vero simile”
Questo nuovo contesto non riguarda solo la sfera culturale o politica, ma ha un impatto diretto anche sul mondo dell’economia e delle imprese. Manager e decisori si trovano sempre più spesso a navigare in acque torbide, in cui è difficile distinguere ciò che è vero da ciò che è solo plausibile. Il rischio? Prendere decisioni strategiche basate su informazioni errate, come dimostrato, ad esempio, dalla sottovalutazione delle conseguenze economiche della guerra in Ucraina o dal fenomeno della deindustrializzazione in Germania.
L’Occidente senza bussola
La crisi della conoscenza si intreccia con quella della leadership politica. L’Occidente, un tempo faro di valori, cultura e pensiero critico, appare oggi smarrito, privo di una visione unitaria. L’ascesa di figure autoritarie, spesso carenti di competenze ma abili nella comunicazione populista, ne è un sintomo evidente. E in questo scenario, le nuove generazioni, già segnate da apatia, isolamento digitale e sfiducia sistemica, faticano a trovare punti di riferimento credibili.
E l’intelligenza artificiale?
L’AI avrebbe potuto rappresentare uno strumento di discernimento e verità. Ma in un ecosistema già compromesso, rischia di amplificare le distorsioni: algoritmi che rafforzano bias cognitivi, contenuti generati da macchine senza una reale comprensione semantica, deepfake indistinguibili dalla realtà.
Bialas propone una visione alternativa: recuperare la sovranità cognitiva, ripartire da una cultura del dubbio, della lentezza, della riflessione critica. Ridare valore al sapere autentico, umano, fallibile ma profondamente significativo.
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